Pagina 128 - La gestione sostenibile dei rifiuti - ATTI CONVEGNO

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Le ragioni dei comitati "anti-inceneritore"
(NB: per i suoi detrattori, l'impianto viene
spregiativamente definito come un
"inceneritore") appaiono orientate ad
una visione radicale, ma comunque
affascinante, non solo della questione
ciclo rifiuti, ma, in senso assai più ampio,
della stessa organizzazione sociale ed
economica, una visione "ad emissioni
zero", che trova riferimenti importanti in
una cultura ambientalista internazionale,
dalla cosiddetta decrescita felice in poi.
Le ragioni di coloro che invece si dicono
favorevoli all'impianto sono improntate a
realismo, di fronte ad una situazione
attuale a Parma, in cui i nostri rifiuti, in
sostanziale assenza di impianti di
trattamento, vengono esportati e smaltiti
in altre provincie.
La realtà, infatti, ci dice che, delle oltre
250.000 tonnellate di rifiuti urbani e delle
circa 50.000 tonnellate di rifiuti industriali
e speciali prodotti annualmente in
provincia di Parma, pur sottraendovi una
quota di circa il 60 % che viene
selezionata da raccolta differenziata, la
parte residuale da avviare a smaltimento
viene pressoché tutta spedita fuori dal
nostro territorio, a Reggio, a Pavia, a
Bologna, a Milano, a Forlì, ecc., per essere
trattata in discariche o forni inceneritori di
quelle città.
Il principio Nimby "non-nel-mio-giardino"
si è tradotto ad oggi, nella sostanza,
nell'uso improprio del giardino altrui,
ovvero di quello dei cittadini di Reggio,
Pavia,
ecc.,
in cui
andiamo
quotidianamente a riversare il contenuto
delle nostre pattumiere. Detto in termini
generali, Parma non ottempera, ormai da
anni, all'obiettivo dell'autosufficienza
territoriale nel campo dei rifiuti.
Il Piano provinciale di gestione rifiuti, nato
da un'impostazione originaria voluta da
Andrea Borri e Ovidio Bussolati, assessore
all'ambiente, fu il primo tentativo
credibile di porre rimedio alla situazione.
Esso prevedeva una serie articolata di
misure finalizzate alla riduzione del rifiuto
alla fonte, ad un'implementazione della
differenziata, allo sviluppo di impianti
territoriali per il riciclaggio della frazione
riutilizzabile, tra cui anche, ma non solo,
un impianto di trasformazione della
frazione secca del rifiuto in calore ed
energia.
L'approvazione del Piano provinciale,
avvenuta dopo la scomparsa di Borri, nel
2005, assunse a sé anche alcune
osservazioni di Enia, che portarono ad un
dimensionamento del termovalorizzatore
previsto in Comune di Parma presso l'area
Spip, sino a 130.000 tonnellate di rifiuto
combusto all'anno, circa il doppio di
quanto previsto nell'originaria stesura del
piano.
Tale dimensionamento fu ritenuto
eccessivo da alcuni, Legambiente in
particolare, che pure non era contraria al
termovalorizzatore in sé. Quella di
Legambiente fu allora, di fatto, l'unica
voce critica.
E' comunque dall'approvazione del Piano
provinciale, ovvero dal
2005, che
l'impianto è stato previsto ed adottato
nelle sedi istituzionali preposte; le
successive fasi di sottoscrizione di accordi
tra Provincia, Comune di Parma e
soggetto attuatore (Amps, poi Enìa, oggi
Iren) sono state una diretta conseguenza
operativa di una decisione già assunta e
condivisa di fatto allora da tutte le forze
politiche.
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